Overclocked è un thriller in terza persona, che combina il tema della psicologia della guerra con quelli della ricerca e simulazione, concentrandosi sul concetto di violenza e sui diversi modi di gestirla. I giocatori si immergeranno nel ruolo di uno psichiatra, il cui compito sarà quello di esplorare le menti di diversi giovani.
Devo ammettere che nei confronti di quest’avventura partivo (ingiustamente, lo confesso subito) abbastanza prevenuto. Il precedente lavoro della
House of Tales,
The Moment of Silence, seppur osannato dalla critica e dal pubblico, personalmente mi aveva lasciato abbastanza perplesso. Ero convintissimo di ritrovare gli stessi elementi che mi fecero detestare quel gioco nel 2005 (dialoghi prolissi e poco interessanti, viaggi chilometrici ed inutili da una locazione all’altra e protagonista carismatico quanto un attaccapanni) anche in
Overclocked, ma fortunatamente mi sono dovuto ricredere dopo appena qualche minuto di gioco.
La nuova fatica del team di sviluppo tedesco, ci fa vestire i panni di David McNamara, un giovane psichiatra di Washington chiamato dal governo americano a seguire come consulente medico le indagini del detective Moretti (no, non ha i baffi e non beve solo birra) a New York. Cinque ragazzi di età compresa tra i 18 ed i 20 anni sono stati ritrovati armati ed in stato confusionale a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nessuno di loro ricorda chi sia e cosa è successo e per questo motivo la polizia ha bisogno dell’aiuto di David. Il dott. McNamara, infatti, è un luminare del “metodo di ricostruzione degli avvenimenti”. La terapia consiste nel sottoporre il soggetto affetto da amnesia a stimoli esterni che possano in qualche modo far riemergere i ricordi sopiti. I pazienti sono ricoverati presso l’ospedale psichiatrico di Staten Island, clinica gestita dal dott. Young, che, nonostante il cognome che porta, in realtà è un personaggio piuttosto in là con gli anni legato a metodologie di cura diametralmente opposte a quelle del nostro protagonista. L’idea che il caso sia seguito da un consulente esterno e non da lui in persona, ovviamente darà fastidio al medico ed uno dei “bastoni tra le ruote” dell’indagine ci sarà chiaro praticamente fin dall’inizio del gioco. Con parecchi ostacoli ci ritroveremo quindi a cercare di analizzare le menti dei cinque ospiti della clinica, vivendo, poco per volta, in prima persona i loro ricordi. Oltre a cercare di far luce sul caso, dovremo anche cercare di rimettere in pista il buon Dave e la sua disastrata vita privata: sua moglie gli ha appena chiesto il divorzio e lo stress dovuto a questa situazione e ad oscuri fantasmi del passato che non lo hanno mai abbandonato, hanno reso lo psichiatra vittima di scatti d’ira tremendi. Nemmeno Adriano Pappalardo chiuso in auto con Walter Nudo ed Antonio Zequila nel traffico di Milano s’incazzerebbe così… Mettere al primo posto il caso o la propria vita privata, dunque? Come mai le storie dei pazienti sembrano convergere in un punto comune? Come mai anche il passato di David sembra centrare con la storia dei ragazzi? Chi è l’uomo misterioso che frequenta la clinica e conclude affari con il dott. Young? Questo non è che l’inizio, e sono solo alcuni dei dubbi che ci troveremo ad avere durante il gioco.
Chi ha già provato The Moment Of Silence si ritroverà a che fare con la medesima e comodissima interfaccia: il tasto sinistro del mouse ci permette di spostarci per lo scenario e, quando il cursore indica qualche hot spot, la freccia si tramuta automaticamente nell’icona adeguata al contesto. Vedremo un fumetto se c’è possibilità di dialogo, una scaletta se è possibile salire o scendere da qualche parte, una mano che mima il gesto di raccogliere se è possibile prendere l’oggetto in questione e così via. Col tasto destro del mouse invece, analizzeremo gli oggetti indicati dal cursore. L’inventario è sempre visibile ed è situato nella parte bassa dello schermo. Al suo interno, troviamo il palmare di David, oggetto indispensabile per tutta la durata dell’avventura. Tramite il PDA ascolteremo le conversazioni con i pazienti, riceveremo telefonate ed SMS, registreremo i resoconti della giornata lavorativa e ci prepareremo qualche caffè (OK, il caffè non lo fa, sto esagerando). Come in TMOS tutti gli hot spot sono visualizzabili premendo un solo bottone. In quel caso il tasto imputato era H, mentre qui si utilizza la barra spaziatrice. Comodo, semplice e veloce.
La grafica è molto scalabile e permette di far girare il gioco su macchine decisamente vetuste. Chi possiede un bel PC pompato, invece, potrà sbizzarrirsi con risoluzioni abbastanza elevate e filtri anti-aliasing per migliorare la qualità visiva. I modelli poligonali dei personaggi sono un pochino poveri, ma per girare su computer così datati come previsto nei requisiti minimi (processore da 1,3Ghz e 256MB di memoria RAM) era ovvio che gli sviluppatori dovessero trovare un compromesso. Overclocked è in 2,5D, quindi a far da sfondo a personaggi completamente tridimensionali troviamo dei paesaggi in 2D. Oltre ad essere fondamentale per la storia, la pioggia che vedremo negli scenari esterni è anche un pretesto bello e buono per rendere i fondali meno piatti e statici. Buona l’idea, ma si vede purtroppo che il temporale fa “da pezza” a sfondi altrimenti tristemente immobili. Migliore è la situazione negli ambienti chiusi, ma ciò è dovuto soprattutto al fatto che gli spazi da visitare sono sempre abbastanza stretti e la sensazione d’immobilità non si percepisce. Ogni luogo che visiteremo è ripreso da diverse prospettive: se da un lato ciò è molto bello perché rende tutto più cinematografico, dall’altro spesso e volentieri confonde un po’ le idee e qualche volta dover vedere una stanzina di pochi metri quadri da tre o quattro angoli diversi solo per poter prendere un oggetto è abbastanza frustrante. Le animazioni hanno alti e bassi, mentre uno dei punti forti dal punto di vista visivo sono le cut scenes.
Overclocked ha tantissimi filmati e tutti sono di pregevole fattura.
Il gioco è doppiato in inglese e sottotitolato in italiano. La recitazione dei doppiatori è davvero buona (in particolare il doppiatore di David è molto bravo) ma l’elemento veramente incredibile del comparto audio sono le musiche: non saremo sempre accompagnati da un tema sonoro, ma i momenti di maggiore pathos saranno seguiti da ritmi incalzanti e sonorità che aumentano la tensione del giocatore. L’atmosfera che si crea è tale da farci sentire davvero partecipi all’azione. Un plauso al team di sviluppo è d’obbligo.
Il 90% dell’avventura si svolge nella clinica psichiatrica. Bisogna parlare con i pazienti, far sentire loro le registrazioni prese dai compagni per permettere il riaffiorare di altri ricordi e alla fine della giornata (il gioco è diviso in sei giorni) tornarsene in albergo. La meccanica è alquanto ripetitiva e non adatta a tutti. Anche perché ogni tanto bisogna imbroccare la registrazione giusta da far ascoltare al personaggio corretto e capita di dover andare assolutamente a tentativi. Altro aspetto poco gradevole è che spesso per proseguire bisogna passare in qualche zona perché accada qualcosa. Solo passeggiando in un determinato punto dopo aver fatto una certa azione per esempio, riceveremo una telefonata o un messaggio che ci permetteranno di proseguire. Per come è strutturato il gioco, questa scelta per gli sviluppatori era obbligata, ma poteva essere implementata meglio. Cosa ci sprona allora a proseguire, se tutto è apparentemente così ripetitivo? Innanzitutto il fatto che la storia (anzi LE storie, poiché anche il passato di David col passare del tempo diventa un elemento importantissimo) è assolutamente interessante ed intricata abbastanza da tenere il giocatore incollato alla sedia con la smania di sapere cosa succederà dopo e poi il fatto che tutti i ricordi dei pazienti saranno vissuti in prima persona. Non utilizzeremo quindi solo il buon dottore, ma la bellezza di altri cinque personaggi distinti con altrettante personalità diverse, dislocati in ambientazioni differenti l’una dall’altra. Tutto è reso vario ed interessante grazie a questa trovata: sei personaggi, sei mentalità diverse, sei modi di comportarsi di fronte al pericolo. Nel nostro inventario non ci saranno mai moltissimi oggetti, gli enigmi sono tutto sommato di semplice risoluzione (a parte quelli sulle combinazioni delle porte, non sempre così intuitivi) e tutto è dislocato in pochi scenari per volta. L’obiettivo di
Overclocked non è quello di farci scervellare, ma di raccontarci una storia e di farci emozionare e riflettere.
Era da molto tempo che non giocavo ad un’avventura che mi lasciasse un segno dopo averla completata,
Overclocked riesce pienamente nell’obiettivo che si prefigge: stupire ed entusiasmare. Qualche incertezza tecnica e qualche svarione di troppo (come per esempio il fatto che David resti per una settimana vestito allo stesso modo, dorma con il giubbotto e le scarpe addosso nel letto d’albergo e che il dott. Young giri per le strade di New York con addosso camice e stetoscopio) non lo rendono un pezzo da novanta, ma per il definitivo salto di qualità alla House Of Tales manca davvero poco. In attesa del gioco della consacrazione della software house teutonica, godiamoci
Overclocked: Una Storia di Violenza, una delle piĂą belle sorprese (o conferme, nel caso vi sia piaciuto
TMOS) di questi primi mesi del 2009.