Siamo sinceri: il mondo delle avventure testuali non è più sulla breccia dell’onda come qualche anno fa: gli anni, la mancanza della grafica e in generale un tipo di gameplay forse poco adatto alla “doom generationâ€, abituata a fruizioni del tipo “ tutto e subitoâ€, hanno in qualche modo decretato la fine per uno dei generi ancestrali del mondo dei videogiochi.
Ciononostante esistono ancora degli impavidi sviluppatori che vogliono dimostrare che non tutto è perduto e che il loro parser ha ancora molto da dire: eccoci pertanto a intervistare
Marco Vallarino, prolifico autore di AT ed erede spirituale di autori storici come
Bonaventura Di Bello e
Enrico Colombini, capace di raggiungere un vasto pubblico grazie ad alle sue opere distribuite gratuitamente sulla rete.
Lasciamo quindi spazio all’intervista all’autore di
Darkiss, nella speranza che anche in voi germogli il seme della passione di un genere mai domo…
Ciao Marco, grazie per questa intervista; per cominciare ti vuoi presentare ai nostri lettori?
Marco Vallarino: Sono un precario del giornalismo di provincia, che tra un articolo e l'altro cerca spazio sulla ribalta nazionale con opere di narrativa come romanzi, racconti e appunto videogame testuali, che secondo me hanno ancora molto da dire, soprattutto in un'epoca in cui i prodotti di intrattenimento realizzati con fini commerciali si stanno appiattendo sempre più per favorire un maggiore afflusso del pubblico generalista, che poi presumo sia lo stesso che cerca con Google qualche interessante opportunità di fuggire dalle regole del mercato...
Ho pubblicato (su carta) un romanzo con Alacran (
Il muro) e decine di racconti in antologie e su riviste, siti, quotidiani, anche per editori blasonati come Mondadori, De Agostini, Multiplayer, L'Unità , Fanucci, Datanews, Stampa Alternativa, tuttavia la mia grande passione è sempre stata l'interactive fiction.
Fin da bambino mi sono sempre divertito a giocare e scrivere avventure testuali e poi una quindicina di anni fa, grazie a Internet, ho potuto cominciare a far circolare liberamente i miei programmi accorgendomi che, a dispetto dell'età del genere e del suo aspetto antidiluviano, c'era ancora un sacco di gente interessata a questo particolare tipo di videogiochi, soprattutto tra le nuove leve, che pur scoprendo questo particolare tipo di intrattenimento per la prima volta lo ritenevano perfettamente al passo coi tempi, se non addirittura all'avanguardia.
Il mondo delle avventure testuali, in un mondo che prosegue a colpi di next gen e grafiche ultrarealistiche potrebbe sembrare una realtà già sconfitta ancor prima di cominciare la battaglia. Sappiamo entrambi che non è vero, ma a tuo modo di vedere quali sono le frecce al suo arco?
MV : In realtà il principale vantaggio delle avventure testuale nell'attuale situazione del mondo dei videogame è che si distacca completamente, per approccio, stile e finalità , da qualsiasi tipo di prodotto commerciale, che tendenzialmente viene creato per essere il più semplice possibile e attirare così anche un pubblico non strettamente interessato al fenomeno del gaming e disposto a "stressarsi" per affrontare una sfida piena regola.
L'interactive fiction nasce come un'opera dichiaratamente complessa e (se ben realizzata) strutturata, dall'approccio altamente codificato, in cui occorre fin da subito conoscere e usare un gran numero di comandi per muoversi nella storia. Anche se non è difficile imparare a giocarci, per affrontarla al meglio occorre essere molto scrupolosi e attenti.
Il fatto che il conteggio del tempo non avvenga in modo reale, bensì tramite il numero di azioni inserite al prompt, permette di giocare in relax, tuttavia per sperare di arrivare alla fine, o almeno a un buon punto della storia, è necessario organizzare le proprie mosse con grande attenzione. Si crea così una sorta di simbiosi col gioco, che permette di creare una atmosfera molto affascinante e coinvolgente.
A mio avviso, un prodotto di questo tipo rappresenta di sicuro una sfida in grado di affascinare sia un pubblico 'hardcore' di gamer che inizia a trovare deludenti i prodotti standard del mercato, sia chi disdegna i normali videogame con grafica e sonoro perché li trova troppo dozzinali come interfaccia e impianto meta narrativo.
Inoltre non va sottovalutata la dedizione con cui i moderni autori di interactive fiction, mossi da profonda passione e coadiuvati da una grande esperienza, realizzano le proprie opere, cercando di modellare al meglio ogni singolo aspetto del gioco.
Quanto è importante, a tuo modo di vedere, la memoria storica dell'IF? A quali grandi autori ti ispiri?
MV : Ci sono avventure testuali scritte negli anni 80 che ancora oggi si possono considerare degli ottimi giochi, all'estero come in Italia. A dispetto della limitatezza del parser e degli impianti narrativi per i problemi di memoria che avevano molti dei vecchi computer, sono opere avvincenti e ben confezionate, in grado di garantire ore e ore di divertimento. Chi si limita a giocare le avventure in Z-Code degli ultimi 15 anni, o della cosiddetta 'era Internet', si perde secondo me un vero tesoro di emozioni e sorprese, oltre che un bagaglio di esperienze che in un discorso di authoring fa sempre comodo.
Dopo le blasonate e arcinote 'adventure' di Bonaventura Di Bello e di Enrico Colombini, mi piace citare i tanti giochi usciti anche in maniera sparsa sulle riviste non specializzate dell'epoca, come Load'n'run, Amiga Byte, Commodore/Software Club. "Oriental" di
Mauro Trabisondi e
"La foresta" di Cristiano Cremonini (e molti altri) sarebbero dei capolavori anche per gli standard attuali. Inoltre, nella loro fisiologica semplicità , le vecchie avventure testuali 'da edicola' degli anni 80 sono ideali per impratichirsi con i fondamenti della interactive fiction.
La saga di Darkiss è probabilmente il tuo cavallo di battaglia: a tuo modo di vedere quali sono i motivi del suo successo e vuoi raccontarci qualche aneddoto particolare a cui sei legato?
MV : Darkiss è nato in un momento (estate 2010) in cui mi sembrava che la mia 'carriera' di autore di narrativa normale, a causa della già conclamata crisi della editoria tradizionale e della crescente difficoltà a trovare proposte di pubblicazione perlomeno dignitose, fosse a un punto fermo. Così ho unito l'utile al dilettevole e, invece di scrivere un altro romanzo che probabilmente sarebbe finito a languire in un cassetto, ho rispolverato la passione mai sopita per l'interactive fiction e, da fan dell'horror, ho creato un'opera che, pur seguendo i miei gusti e il mio stile personale, ammiccasse il più possibile al pubblico, che in quel momento sembrava essere attratto in particolare da storie di vampiri.
Per riuscire meglio nell'intento dichiarato di intercettare un nuovo pubblico per le mie opere, e rilanciare l'interesse della rete per le care vecchie avventure testuali, scelsi di fare un gioco semplice, quasi elementare, che avesse i suoi punti di forza proprio nei vecchi cliché del genere, che magari molti nuovi giocatori avrebbero avuto modo di apprezzare cimentandosi per la prima volta con una interactive fiction. Per dare maggiore personalità all'opera, e rendere il contesto più intrigante, scelsi di far impersonare al giocatore proprio il vampiro, anziché il solito (e spesso) bislacco scienziato dell'occulto che combatte le forze del male per partito preso.
Con questo ambizioso mix di tradizione e innovazione, e un 'prodotto' confezionato e pubblicizzato con grande cura, mi sono presentato al pubblico dei casual gamer confidando, più che nel passaparola di chi conosceva già i miei giochi o nelle segnalazioni di siti e riviste, in una buona indicizzazione del sito di Google. Dopo tre anni, i fatti sembrano avermi dato ragione e questo spero che possa incoraggiare altri autori a seguire percorsi simili per concretizzare i propri progetti, a dispetto della crisi che fa vendere sempre meno libri, dischi, film, eccetera, e scoraggia non poco chi vuole lavorare in campo creativo.
È vero che in Italia si legge poco, ma è anche vero che si gioca tanto, tantissimo, e secondo me il media interattivo, anche su scala globale, alla lunga prevarrà su quelli tendenzialmente passivi, permettendo agli utenti di raggiungere un nuovo livello di 'consapevolezza catartica' (spero sia chiaro il concetto) che oggi forse si può già intravedere con l'interactive fiction.
Sul fronte degli aneddoti, non posso non citare l'inquietante e allo stesso tempo esilarante statistica che già dai primi mesi di vita del sito di Darkiss ha mostrato come molta gente abbia trovato (e magari scaricato) il gioco cercando su Google frasi del tipo: 'come diventare vampiri', 'cosa fare per succhiare il sangue come i vampiri', 'diventare immortali trasformandosi in vampiri', 'storie vere di vampiri', 'giochi mortali con i vampiri', eccetera. Qualcuno mi ha pure scritto chiedendomi se Martin Voigt esiste veramente o se comunque sono in contatto con 'veri vampiri' (ovviamente no!), probabilmente erano delle prese in giro, comunque questa smania di rifugiarsi in un occulto posticcio e tendenzialmente ridicolo testimonia come viviamo in un'epoca spesso priva di stimoli e sbocchi adeguati alle nostre (credo) legittime aspettative.
Qualche informazione tecnica: cosa utilizzi per creare le tue avventure? Quali sono gli ostacoli maggiori che hai affrontato? E la tua sfida più ostica fra i tuoi lavori?
MV : Tutte le mie ultime avventure, quindi anche Darkiss 1, sono state realizzate con Inform 6, che per chi ha almeno qualche fondamento di programmazione a oggetti sullo stile del C è uno strumento eccezionalmente versatile e potente per scrivere avventure e altri videogame testuali. Come molti altri, ho iniziato a lavorare in Basic da bambino, ma poi non appena mi reso conto di quanto un linguaggio 'dedicato' come I6 avrebbe potuto semplificarmi il lavoro ho fatto il grande salto, approfittando dell'aiuto indispensabile degli altri, gentilissimi, autori della comunità , come Paolo Lucchesi e Tommaso Caldarola.
In fase di creazione dei giochi, a prescindere dal linguaggio o dal tool utilizzato, per me la parte più ostica è sempre stata l'interazione con i personaggi, che richiede l'elaborazione di routine molto articolate e complesse, difficili da tenere 'sotto controllo' e soprattutto da implementare in maniera sufficientemente fluida nella storia. Questo problema però non credo che riguardi solo i giochi testuali ma anche quelli grafici, dal momento che costruire e caratterizzare un personaggio a se stante potendo contare solo su alcuni particolari movimenti e dialoghi è pressoché impossibile e concentrandosi solo sugli aspetti utili alla storia spesso si corre il rischio di rendere problematica l'interazione del giocatore.
Sia in Darkiss 1 che in
Darkiss 2 devo dire che non ho lavorato tantissimo su quel fronte perché entrambi i giochi avevano un approccio più orientato all'esplorazione di luoghi e alla manipolazione di oggetti e arredi. La vera sfida è stata
Nel mondo di Ayon che è nato proprio come opera di 'indagine sociale' in cui almeno il 51% del gioco si basava sulla capacità di chiedere e raccontare le cose giuste ai personaggi del ghetto, con battute e dialoghi che cambiavano in base all'avanzamento nella storia e rendevano quindi molto complicato controllare ogni singola azione.
Addirittura, per rendere la storia più verosimile, avevo fatto in modo che non si potessero chiedere informazioni su luoghi e personaggi che in quella specifica partita non si erano ancora trovati, mentre certi comportamenti si modificano in base a com'era vestito il giocatore o agli oggetti che portava. Se il gioco ha almeno in parte realizzato il suo obiettivo è stato grazie anche all'ossessivo beta tester di Marco Innocenti (acclamato vincitore della
IF Comp 2012 con Andromeda Apocalypse) che mi ha permesso di colmare molte delle lacune iniziali.
Immagino che in un lavoro creativo come quello della creazione delle AT ci siano dei limiti tecnici che a volte tarpano le ali alla fantasia. Quali sono i muri più ardui che hai dovuto scalare?
MV: Come dicevo, costruire personaggi di un certo spessore non è affatto semplice e spesso problematico anche per la loro implementazione nella storia. Tuttavia quello che mi angoscia maggiormente è la necessità di dover prevedere qualsiasi tentativo di approccio del giocatore all'avventura, per evitare l'annoso problema della cosiddetta 'caccia al parola'. Quando il giocatore ha capito cosa deve fare per risolvere il problema, ma non riesce a scriverlo nel modo giusto, è una sconfitta per l'autore, che non è stato capace di rendere le cose abbastanza semplice da non rovinare il divertimento del suo esimio pubblico. Il beta testing è ovviamente fondamentale, però occorre anche far capire tra le righe al giocatore che cosa deve fare, a volte anche in maniera esplicita, perché nell'economia del gioco è sempre meglio bloccarsi una volta di meno che una di più.
Sei anche un giocatore? Fai anche qualche puntata dalle parti dei cugini (le avventure grafiche?)
MV: Ogni anno gioco diverse decine di avventure testuali, prevalentemente in italiano, ma non solo. A quelle grafiche ho praticamente rinunciato, perché l'unica interfaccia che realmente mi intrigava ero lo Scumm (Maniac Mansion, Zak McKracken...) di cui temo si siano perse un po' le tracce, a parte forse qualche opera amatoriale. Cliccare su tutto ciò che brilla e si muove o ammicca sullo schermo non fa per me, nel senso che lo trovo più irritante o meno appagante di cercare il verbo giusto per fare una azione. Tuttavia conosco per sommi capi molte avventure grafiche alle quali non ho giocato ma di cui ho letto per interesse didattico le trame e le soluzioni, proprio per cercare fonti di ispirazione per nuovi, possibili puzzle da mettere nei miei giochi. Come diceva Picasso, un buon artista non copia, ruba! :)
A questo proposito, forse non tutti sanno che già nei primi anni 80 era uscita una avventura testuale italiana, in cui il protagonista era un vampiro malvagio, che poteva trasformarsi in vari modi: pipistrello, nebbia, topo... Si chiama
La leggenda di Aralm (Nosferatu) e anche se probabilmente non si può finire perché è buggato (o almeno così si crede) è un gioco pieno di atmosfera che mi ha probabilmente ispirato almeno una parte del canovaccio di Darkiss. Questo per dire che giocare e studiare le avventure di altri di solito è il primo passo per scrivere poi un proprio gioco.
All'interno di un'avventura testuale quale elemento ritieni essere il più importante? E quello meno incisivo?
MV: Sicuramente l'ambientazione, che deve essere ricca di particolari e dare molte indicazioni su ciò che si deve fare nella storia, sia attraverso il famigerato verbo 'esamina' che nelle stesse descrizioni dei luoghi. Per me il massimo del fascino in una avventura è esplorare e mappare le locazioni, poi chiaramente occorre concentrarsi sulla manipolazione di oggetti e arredi oppure sulla interazione con i personaggi, ma prima di tutto il giocatore deve essere a suo agio con l'ambiente che lo circonda, che in fondo è quello che lo tiene 'immerso' nella storia. Infatti le descrizioni dei luoghi è la parte del lavoro su cui cerco di concentrarmi di più e anche la prima cosa che faccio. Un esempio particolarmente riuscito di questo tipo di approccio credo sia il magnifico
Apprendista stregone di Enrico Colombini .
Quello meno incisivo credo sia l'interazione coi personaggi, nel senso che difficilmente raggiunge gli obiettivi di realismo e profondità che l'autore si era magari prefissato. Come detto, realizzare una 'indagine interattiva' come Ayon è stata una faticaccia e ancora oggi ci sono delle cose che non mi convincono... chi ha detto la cassiera? ;) mentre sono molto orgoglioso della semplicità del game design di Darkiss 1 (molto istintivo) e della particolarità di quello di Darkiss 2 (più riflessivo ma supportato da una certa chiave di interpretazione semantica...).
Poi io sono all'antica e per me un'avventura testuale deve essere un gioco prima ancora che una storia, dunque mi accontento di personaggi con cui si possano scambiare oggetti, informazioni o che permettano di raggiungere certi posti seguendoli attraverso determinati percorsi o a bordo di veicoli, eccetera. Se proprio voglio parlare con qualcuno, chiamo un mio amico al telefono :)
Nella vita il progresso deve rendere facili le cose difficili, non il contrario.
Hai mai pensato di buttarti sul mercato a pagamento/portare le tue avventure all'estero?
MV: Non ho mai pensato di fare giochi a pagamento, mentre non è un segreto che stia da tempo lavorando a romanzi horror e urban fantasy con i personaggi delle avventure, come Martin, Praseidimio, Vincent, Anderson, Ayon, nel tentativo di creare uno sbocco commerciale (e remunerativo) per le mie opere creative e tirare le file di molte storie lasciate in sospeso.
Far pagare i download delle mie avventure temo che mi precluderebbe una bella fetta del pubblico di casual gamer grazie al quale negli ultimi anni ho praticamente rilanciato la mia 'carriera' di autore: i 20.000 download di Darkiss 1 sono un tesoretto che fa gola a molti editori :) Io stesso, pur essendo un grande appassionato del genere, non so se pagherei per giocare qualche nuova avventura, con tutte quelle che ci sono gratis in giro.
Tuttavia non escludo di lavorare da solo o in gruppo, come si parla da tempo alla facoltà di ingegneria dell'università di Genova, a un'opera interattiva che possa essere presentata come app a pagamento. Le idee ci sono ma purtroppo di questi tempi lavorare su progetti troppo complessi non è facile e spesso neppure conveniente.
Per quanto riguarda il discorso dell'estero, entro la fine dell'anno dovrebbe essere finalmente pronta la traduzione di Darkiss 1 in inglese, che poi divulgherò sempre gratuitamente attraverso l'IF Database, in realtà più per semplice curiosità o scrupolo che con un particolare obiettivo promozionale. Il mio pubblico credo sia in Italia e già mantenere quello, anche grazie alle recensioni e interviste di OldGamesItalia e Adventure's Planet, sarebbe un bel successo :)
Non sei quindi un giocatore di avventure grafiche; quanto sono lontani o quanto sono vicini questi mondi?
MV: Sono mondi molto vicini, per non dire contigui, che si differenziano più che altro per stile e approccio. Le avventure testuali puntano secondo me sulla complessità e la profondità del gioco, potendo anche contare come dicevo su un tipo di interazione altamente codificato; le avventure grafiche prediligono una semplificazione, per quanto strutturata, del rapporto dell'utente con la storia per favorire il suo coinvolgimento a dispetto dell'esperienza e dell'interesse. In questo in effetti lo SCUMM è emblematico perché mi pare come Maniac Mansion fosse nato come tentativo della Lucasfilm di avvicinare i fan degli arcade al mondo delle avventure, che all'epoca (metà anni 80) avevano un pubblico piuttosto atipico.
Cosa ne pensi della produzione extra europea delle avventure testuali? Ci sono ancora spazi di crescita e credi che l'Italia possa avere una marcia in più?
MV: Ahimè, sono un po' preoccupato dalla deriva meta narrativa che i giochi in lingua inglese (e quindi anche americani) stanno prendendo. Da una parte escono "giochi" (le virgolette sono d'obbligo...) sempre più orientati alla storia e con sempre meno puzzle da risolvere, dall'altra addirittura sono sempre di più i "giochi" (vedi sopra) in cui non c'è più nemmeno il parser, che viene sostituito dall'orrida (almeno per me) scelta multipla in stile Choose Your Own Adventure. Quindi più che spazi di crescita vedi spazi di decrescita, che temo potrebbero far storcere il naso alle nuove generazioni di giocatori che, avvicinandosi al genere senza preconcetti e aspettative particolari, sembrano apprezzare parecchio l'interfaccia a linea di comando, garanzia - se il gioco è ben fatto - di profondità e interattività .
In Italia, per fortuna, mi pare che il parser regga ancora benone, del resto dubito che gente come Lucchesi, Innocenti, Cordella, Boselli, Lazzara voglia buttare alle ortiche anni di studi di programmazione per infilarsi in quello che, secondo me, in termini di game design è un vicolo cieco, come peraltro dimostra il destino delle avventure grafiche che negli ultimi sembrano essere sparite dal mercato 'moderno' per lasciare spazio ad altri tipi di giochi d'esplorazione.
Hai mai pensato di portare alcune delle chicche della Infocom (per citarne una) magari in un tuo prossimo titolo? Parlo di feelies e elementi extra avventura.
MV: No perché mi è sempre sembrata una moda stucchevole e anche vagamente ridicola (pur avendo comprato molte avventure originali, sia grafiche che testuali, per avere tutto ciò che c'era nella confezione). Quello che faccio di solito è inserire una sezione segreta con contenuti speciali a cui si può accedere con una password che viene comunicata solo alla fine del gioco. Poi, se ne ho la possibilità , mi diverto a inserire citazioni trasversali che collegano un gioco all'altro, come i graffiti e i murales di Ayon che citano Darkiss e altre mie avventure in vari modi.
Infine qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?
MV: Spero di mettermi presto al lavoro su
Darkiss 3, ma ho anche promesso uno spin-off dedicato al prof Anderson, il "cattivo" della serie, che potrebbe essere una sorta di Darkiss 2 e mezzo... E poi il romanzo urban fantasy di cui parlavo prima, un'opera di narrativa "non interattiva" in cui coronerò il sogno di far incontrare i personaggi di giochi diversi (sullo stile dei cross-over dei fumetti) e che spero di rendere avvincente proprio come le mitiche avventure!